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PARTE TERZA Viaggio da Trieste a Londra (I, 175-86). — Le «sociali cerimonie e formalitá» (I, 176), che precedettero la partenza del D. P. e della Nancy, furono, come egli vorrebbe far credere, un vero e proprio matrimonio, che del resto da lui, prete ancora «dicente messa» (Zaguri a Casanova, 16 nov. 1793, in Molmenti, Lett. d. Zag., p. 94), si sarebbe potuto assai difficilmente contrarre, con un qualsiasi rito, nella cattolicissima Trieste? Non parrebbe. È vero che un tal Savordello giurava e sacramentava allo Zaguri di aver veduto, «con suo inaudito stupore», il D. P. sposare la Nancy col rito ebraico nella sinagoga di Trieste (Zaguri, lett. cit., e cfr. l’altra del 19 marzo 1794, in Molmenti, op. cit., p. 100); ma lo Zaguri stesso sospettava che si trattasse di una fola. Tanto piú che il Pittoni, nella lettera citata di sopra, piú che a un matrimonio, accennava a una fuga; e poi il D. P. stesso, parlando della Nancy in una lettera al Casanova del 24-6 settembre 1792, la chiamava scherzosamente «cognata», e, soltanto piú tardi (lettera del io maggio 1793), «coniux in tutte le forme» (Molmenti, Cart. cas., I, 271-2, 289): dal che si dovrebbe desumere che il matrimonio avesse luogo qualche mese dopo l’arrivo degli amanti a Londra. — Comunque, il 12 agosto 1792, il D. P. partiva da Trieste, molto lieto che colá si spargesse la voce che egli fosse andato a Pietroburgo (cit. lett. al Cas. del 24-6 settembre 1792); nella strada tra Lubiana e Praga perdeva effettivamente una borsetta contenente 25 zecchini (I, 176-7), della quale discorre parecchie volte nelle sue lettere al Casanova (Moi.menti, Cart. cas., I, 266, 277, 279, 282); nella prima quindicina del settembre era a Oberleutendorf, ove pare gli venisse rubata parte del bagaglio (lettera al Casanova del 21 settembre 1792, in MolmenTi, I, 267); e di lá moveva al vicino Dux, ove, nel castello del conte Giuseppe Carlo Emanuele di Waldstein (1755-1814), Giacomo Casanova trascorreva, nella qualitá di bibliotecario, gli ultimi anni della sua avventurosissima vita (I, 177-8). — La «dama» veneta, delatrice del Casanova, non fu quella a cui «uno» del tribunale dell’Inquisizione «faceva il cicisbeo» (I, 179), e cioè Maria Teresa Zorzi Dolfín; la quale, anzi, vedeva assai di buon occhio l’allora (1755) giovane avventuriero, che, in concorrenza e con assai maggior successo del vecchio e potente inquisitore Antonio Condulmér, le faceva la corte: fu invece «madame Memmo, mère de MM. André, Bernard et Laurent Memmo», che, «s’élant mis dans la téle» che il Casanova tporlait ses fils á 1‘athéisme», lo denunciò, a quel che sembra, per aver iniziati costoro ai misteri massonici ( Mémoires , III, 116, 175; e cfr. Rava, pp. 90-1, 230). — Il nuovo Trenk (I, 179) è V Histoire de ma filile des prisons de la rèpublíque de Venise qu’on appelle les Plombs, cerile á Dux en Bohème l’année 1787 (Leipzig, Schonfeld, 1788: ristamp.