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dell’onor italiano e della direzione, permisero a* venali gazzettieri, a’ nemici del nome nostro, e sopra tutto a un certo Feronio Apimato, d’empir di rimproveri, di censure e di villanie, degne de’ pescivendoli, i loro fogli: cose, che, da’ saggi della nazione disapprovate e riprese, sono tuttavia, nel pieno de’ loro effetti, e dispiacevoli e svantaggiose. Aggiungasi a ciò la somma scarsezza de’ veri conoscitori di musica in quella cittá, l’infinita differenza che passa tra la nostra e quella de’ francesi ed inglesi, resa piú grata e piú intelligibile dall’interesse e dal senso delle parole che tutti intendono ò), la pochezza de’ forastieri, il carattere, i costumi e le religioni degli abitanti, le rivalitá de’ nazionali teatri, l’incremento di spesa per le rappresentazioni italiane, eh’è quasi un terzo di piú che le francesi e le inglesi; e non sará poi maraviglia se le mimiche buffonerie di Giacomo Corvo son udite con piú diletto dalla maggior parte degli abitanti di quello che uditi fossero il Claudio , Il pirata , la Cenerentola e l ’Otello de’piú celebri compositori del secolo, e dai piú bravi artisti eseguite del nostro corpo drammatico. Dirá forse taluno: — L’opera italiana non è fatta per Filadelfia. — Io dirò invece, voltando la frase: — Filadelfia fatta non è per l’opera italiana. — Gli abitanti della nuova Atene traggano alla loro cittá, non giá de’ Sega o degli Strozzi, ma de’ colti e dotti insegnatori della nostra bella e soave lingua, e con loro de’ bravi maestri del vero canto italiano, da tutte le nazioni del civilizzato mondo, a dispetto de’ B*** e degli M***, ammirato ed amato; richiamino poi sulle loro scene il Montresor e la sua ottima compagnia, gli impongano di fare che rappresentino per otto sole sere un dramma applaudito, cangiando dramma ogni sera; lo lascin poscia partire, e continuino frattanto a studiar e la dolce favella e la nostra musica; lo richiamin novellamente dopo sei mesi, e faccian che la sua truppa ripeta due, al piú tre volte, quattro novelle (1) E fu appunto per l’intelligenza della lingua che la mediocrissima truppa francese ebbe qui miglior esito che l’italiana.