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Mentre questa lettera era per via, io gliene scrissi diverse, che pubblico qui a schiarimento de’ fatti, insieme con quelle che mi sembran piú proprie all’evidenza necessaria per dar un retto giudizio.

New-York, 9 ottobre 1831.

Signor Giacomo stimatissimo, Ho ricevuto la vostra terza lettera, nella quale mi ripetete le stesse cose che nella prima e nella seconda m’avete scritto. Lo stesso fo io. V’ho detto, vi ridico e vi dirò sempre che, se la compagnia, che porterete qui voi, sará tale da soddisfar il paese, la vostra fortuna e quella di tutti i vostri associati è sicura, quanto è il ghiaccio l’inverno e i fiori la primavera. Con questa speranza, io, che desidero sopra tutto il bene de’ miei compatrioti e la gloria della mia povera oppressa patria, mi son messo nell’affare colle mani e co’ piedi, e la mia riuscita risponde ottimamente alle mie fatiche, alle mie spese b) e a’ sinceri miei desidèri. Dal giorno, in cui cominciai a dar opera al mio disegno, fino al primo di ottobre, non corsero che ventiquattro giorni, e in questo breve intervallo io aveva giá tremila e dugento piastre, sottoscritte da’ piú rispettabili cittadini di New-York, con fondata speranza di averne almeno altre mille prima che passasser venti altri giorni. Presi allor l’ardita risoluzione d’andar a Filadelfia io medesimo, avendo pria udito dire ch’anche gli abitanti di quella cittá desideravano aver un’opera italiana ne’ lor teatri. Non mi spaventarono i rischi e le fatiche d’un lungo viaggio, e, invece d’andarvi comodamente nel vascello a vapore, come fan gli altri vecchi (modo di viaggiare, che, pel timore d’esser cotto vivo, non sa piacermi), v’andai francamente in un calessino da posta. Vi fui ricevuto a braccia aperte ’da’ primi signori, che cortesissimamente m’offrirono d’assistermi, e il lor aiuto fu tale, che il sesto giorno ebbi la fortuna d’aver altre ottocento piastre giá sottoscritte e la promessa d’una assemblea fiorita di dodici anime filarmoniche di procurar i nomi de’ loro amici, perché il progetto riesca. Tornai l’ottavo giorno a New-York; e, senza tardare, vi rendo conto dell’operato per vostra consolazione e, credo di poter dire, per compiacimento e per (1) Questa parola «spese» pare che non siasi letta da’ signori artisti !