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il mezzo da eternare la mia lingua in America. Andai a casa e distesi senza indugi una petizione a’ signori direttori di quell’instituto, nella quale chiedeva di poter instruire nella mia lingua gratuitamente tutta la scolaresca. Feci capo col mio solito consigliere e proteggitore Carlo Clemente Moore, personaggio meritamente consultato e stimato da’ direttori di quel collegio, come da chiunque conosce le sue virtú; e in qualche maniera, per la sua valida mediazione, il mio progetto riusci. Fui dichiarato a piene voci professore del collegio di New-York per lo studio della favella e letteratura d’Italia; ma non mi fu accordato d’insegnarla gratuitamente, per oneste ragioni invero, ma contrarie e sfavorevoli al mio disegno, per li motivi che dirò poi. Fissai per loro comando un prezzo alle mie lezioni. Mi pagò ogni studente quindici piastre per testa per tutta la sessione: ebbi ventotto studenti, che mi pagarono quindici piastre, ed io comperai con tutte quelle una bella collezione di classici e li collocai nella libreria di quell’instituto ad uso perpetuo di quegli allievi e de’ professori. Per mezzo del medesimo signor Moore mi riuscí di persuadere i commissari di quell’instituto d’aggiungere a proprie loro spese, alla collezione offerta da me, quasi tutte le nostre storie e diverse altr’opere de’nostri gran classici; sicché trovansi attualmente nella biblioteca di quel collegio piú di seicento ottimi volumi, nel quale prima non vi era se non un vecchio Boccaccio! Questo fu però il solo frutto che colsi da tanto zelo, da tanto disinteresse e da circa cento lezioni ch’io diedi or a dieci, or a sei, or a quattro, or a due, ed or alle sole panche di quell’edifizio! Di ventotto alunni ch’ebbero lezione da me, tre o quattro solamente fecero qualche progresso in una sessione di dieci mesi! Or da che nacque mai che giovani consacrati allo studio, dotati d’ingegno, avidi di sapere, non hanno fatto maggior frutto alle mie instruzioni in una lingua si bella, si dòviziosa di stupende opere e si amata generalmente da chiunque l’impara? Io ho passato quattordici anni della mia vita in vari ben regolati collegi d’Italia, e non ho mai trovato, né come studente né come professore, che la gioventú (se si eccettui qualche raro genio) si dedichi molto a qualunque maniera di