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Dispiacquero queste parole al biografo inglese, e, in un elegante volume pubblicato ultimamente da lui, cercò di sostenere l’assunto contrario e di provare ch’era falsa ed insussistente l’opinione del Pignotti (0. Con tutto il rispetto però dovuto al signor Roscoe, e come scrittore dottissimo e celeberrimo, e come promotore e sostenitor benemerito della gloria letteraria italiana, m’ingegnerò di provare che i suoi stessi argomenti son quelli appunto che avvalorano e stabiliscono come assioma la sentenza del Pignotti e la mia. Per indebolirne e disapprovarne la veritá, si citano da lui degli esempi illustri di stranieri, che non solamente ben giudicarono, ma eh’eziandio bene scrissero nella nostra favella. Ma quanti ne nominò, o quanti potrebbe egli nominarne di questi suoi «illustrious exatnples» ? Due! In cinque e (i) Accuse date al Petrarca da un contributore del North American rfview. Le tre canzoni del Petrarca sugli occhi di Laura sono antonomasticamente chiamate, da chi sa leggere i suoi versi, «le tre divine sorelle». E la loro bellezza, leggiadria e novitá è abbastanza lodata, ammirata e come divina cosa tenuta generalmente, perché non m’occorra parlarne. Chi però noi sapesse, legga il Muratori, il Biagioli, Ginguené, Mathias e sopra tutto Gravina, il quale parla cosí: «Se oraziano spirito e quasi pindarico volo desideriamo, l’uno e l’altro scorgeremo nelle tre canzoni degli occhi». Vero è che il Castelvetro, il Tassoni e ultimamente il Soave su quelle fecero alcune critiche. Non è questo il loco di prenderne la difesa e di mostrarne la falsitá: mi piace solo osservare che nessuno di questi critici s’è mai lasciato passar per la testa il capriccio di criticar come concetti le raffinatissime imagini di quelle canzoni, di cui se pur si perde qualche bellezza, perdesi «in flood of golden tight». Ma chi ha deboli gli occhi, non è maraviglia se rimane abbacinato. Voglio terminar questa nota con poche parole del mio grand’Ugo Foscolo: «Nonostante la profusione degli ornamenti dello stile e la metafisica elevatezza de’ pensieri, la poesia del Petrarca non par mai fittizia o fredda». E chi viene ad appoggio di questa luminosa sentenza? La prima delle «tre sorelle». Gentil mia donna, io veggio nel mover de’ vostri occhi un dolce lume, che mi mostra la via che al ciel conduce!

E, dopo alcuni altri saggi di quel sommo poeta, esce con questo nobile, epifonema: «Quale elevatezza e quali ornamenti di stile! Eppure è sempre naturale I». In veritá, il signor critico mi perdonerá, se mi attengo piuttosto a tali giudizi che al suo. E, se mai venisse a New-York e gli piacesse onorarmi d’una sua visita, ardisco quasi presumere di fargli cangiare pensiero; ed avrei la speranza medesima, se potessi leggere questo da me idolatrato poeta al pregiudicato antipeuarchesco Sismondi.