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dar qualche risarcimento a quella degna famiglia, che per le mie incaute raccomandazioni perduto aveva l’opera e il tempo con un cattivo maestro. Intrapresi dunque io medesimo d’instruire vari individui di quella stessa famiglia nella favella italiana, ed ebbi la gioia di aggiungere alle fronti brillanti di tre amabili sorelle, che per avvenenza di persona, doni di spirito ed ornamenti di educazione chiamar si possono, senza taccia d’adulazione, le tre Grazie dell’Hudson, una nuova ghirlanda d’eletti fiori, colti su’margini della Sorga e dell’Arno! Tutti indovinar possono di chi parlo: a me conviene però riverir i nomi e tacerli ò).

Io era occupato da tali cure, quando la piú amara di tutte le disavventure afflisse crudelmente il mio spirito, e portò le lagrime e la desolazione nella mia casa. Il piú bel fiore della famiglia, a tutti caro, da tutti ammirato per la grazia delle maniere, per la sublimitá dell’ingegno, per la vastitá delle cognizioni, maggiori infinitamente degli anni suoi (ei non aveva ancora terminato il ventunesimo), mi fu da immatura morte rapito. Non mi estenderò né a far la pittura della mia desolazione né a descrivere le funeste conseguenze di tal disgrazia, per non rinnovellare nel cor mio «infandum dolorcm». In questo stato di mente mi fu presentata da un mio discepolo la Profezia di Dante di lord Byron, operetta nobilissima di quel genio straordinario, ch’io con gran diletto leggendo, sentii per tal guisa commuovermi, che nacque in me un desiderio vivissimo di arricchire di quel leggiadro componimento la mia propria lingua. Lo tradussi in italiano, lo pubblicai colle stampe; e fu accolto graziosamente tanto in America quanto in Italia. Giunse, non so come, alle mani d’un colto fiorentino unitamente al Discorso apologetico , composto alcuni mesi prima da me in difesa del mio paese ; e questi ebbe la gentilezza di scrivermi la seguente lettera: (i) La modestia di questo genio straordinario non mi permette palesar il suo nome. Non è però difficile indovinarlo.