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Pag . 171, riga 9. Non posso dare che pochi versi di quella al mio lettore, ma sappia il Coletti ch’io son l’autore della canzonetta : Mio caro Coletti, — non far piú sonetti, non far piú strambotti, piú versi non far, Pe’ fonti dircei, — tu nato non sei : da Febo, da’ dotti non farti burlar. Tuoi carmi leggendo, — la colica prendo e voglia mi viene... tu sai di che far.

Pag. 252, riga 25. Non dispiaccia frattanto al mio buon lettore di trovar in questo loco un componimento, che, tanto per la mia grata venerazione al soggetto per cui lo scrissi, quanto pel favore prezioso di tal personaggio, non può che parermi il beniamino dei miei poetici figli. PER LA MORTE DI GIUSEPPE SECONDO Canzone Non fúr giá vane larve, sogno non fu ma vision celeste quel che s’olirio poc’anzi agli occhi miei. Una belva m’apparve, che di stelle contesta avea la veste e negli occhi un fulgor, com’han gli dèi. Movean mill’altre fiere intorno a lei liete e sicure, e le lambiano il piede. Ahi ! tutto a morte cede. Mentre arrideale amico ogni elemento, crollar fe’il vento la vicina selva: s’apri la terra ed inghiottí la belva. Una quercia sublime sopra colle di foco al ciel s’ergea, carca di perle, di smeraldi e d’oro: su le superne cime sorgea Giustizia, e nel troncone avea d’inesauste virtú regio tesoro.