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non uno. Non m’impediron però le lagrime di fare un ultimo tentativo, e fu questo. Proposi di dare due lezioni per quaranta settimane a cento alunni di quell’instituto, ognuno de’ quali piú non avesse a pagare che quindici piastre per ottanta lezioni, e di presentare agli studenti o alla universitá mille volumi di scelte opere, uguali in valore alla intera somma da lor pagata. Mandai la proposizione a ragguardevole personaggio, la cui voce ed il cui consiglio è di grande autoritá e di gran peso per tutti, ed ebbi la seguente risposta b): Caro signore, vi consiglio di non insistere troppo su questo punto, perché, per esser candido con voi, non credo che siavi la menoma probabilitá che gli affidati vogliano intraprendere di alterar il presente sistema del Collegio e di obbligar gli studenti d’apprendere l’italiano. Voi siete ora professore del Collegio e avete l’opportunitá d’insegnarlo a quanti alunni vorranno impararlo da voi. Gli affidati non posson far niente senza alterare gli statuti attuali, e questo so bene che, per offerte che loro facciansi dagli ammiratori della lingua italiana, non potranno consentir mai di fare. Mi pare che siate un po’ troppo ansioso rispetto alla memoria che lasciar bramate di voi. Per quello che avete giá fatto per l’amor del linguaggio e dell’italiana letteratura, finché durerá in questo paese alcun gusto per l’elegante letteratura, il nome di Da Ponte, clarum et venerabile nomen , sará in grata venerazione tenuto; e la gioventú dell’uno e dell’altro sesso volgerassi addietro nel declinar della vita all’ore passate in piacevole ed instruttiva conversazione col loro illuminato ed elegante maestro, come a’ piú brillanti momenti della loro esistenza. Fate che ciò vi basti, e non cercate, come Bonaparte, d’acquistar per voi solo tutta la gloria dell’universo. Il vostro vero amico C. M. Quanto mi piacquero i cortesi, affettuosi e consolanti sensi degli ultimi paragrafi di questa nobilissima lettera ( 2 ), altrettanto (1) Parte di lettera scrittami dal signor Clemente Moore. (2) Non è per vanitá, ma per difesa dell’onor mio lacerato ingiustamente da chi men dovrebbe, che pubblicai anche l’ultima parte di questa lettera. Lettore, ricórdati di questa nota.