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accompagnate dal riso ed or dalle lagrime, ci fecero passare in famiglia tutto il rimanente del giorno e gran parte della notte. Vinti o, per meglio dir, sopraffatti da una foga di dolci affetti, ci abbracciammo novellamente e andammo alle nostre stanze per riposare. Non m’addormentai se non dopo molte ore di veglia; ma, quando m’addormentai, mi si rimescolarono per la fantasia tutta le cose di cui avevamo parlato il giorno, ed io fui il rimanente di quella notte col nostro buon padre, co’ fratelli, colle sorelle e cogli amici di Venezia, di Treviso, di Ceneda e di molt’altre cittá dell’Italia. Non so d’aver fatto mai sogni piú deliziosi in tutto il corso della mia vita. Mi pareva che fossimo tutti insieme ad una gran mensa, mangiando, bevendo e discorrendo di cose allegre: v’era tra gli altri il mio amatissimo Colombo, il quale, invitandoci tutti a bere, intuonava, prima di farlo, il seguente versetto: — «Quam ánice et quatti iucundum habitare fratres in unum!» — Lo ripetevamo tutti ad un tempo, formando un coro, ed era tale il trambusto, che si rompeva il mio sonno. Vedendo che il sole s’era giá alzato, mi rizzai immantinente, e chiesi s’era pronta la colazione. Trovai nella solita stanza un de’ miei allievi, e gli narrai quel bel sogno. — Signor Da Ponte — ripigliò egli, — il sogno è bellissimo : è bene però che vi ricordiate che «rara est concordia fratrum». — La sua crudele osservazione m’afflisse molto ; ma altro non replicai se non : — «Dii omeri advertant». — Intanto il rimanente della famiglia arrivò nella stanza e le nuove carezze, gli abbracciamenti, le interrogazioni novelle mi fecero presto dimenticare quella osservazione di mal augurio. Dopo una festosa colazione, uscii di casa col fratello mio per trovar sesto alle cose. Rimanevano da pagarsi alcune centinaia di piastre per doveri incontrati per quel viaggio, oltre a trecento da me giá pagate prima del suo arrivo. Benché le tratte fossero a vista, con qualche sacrifizio pecuniario vi riuscii. La nuova frattanto si sparse per la cittá, che la tanto desiderata Giulietta era giunta. I piú rispettabili signori di New-York, e sopra tutto gli allievi miei e le loro famiglie bramarono di vederla e d’udirla. La videro, la udirono, e a tutti piacque generalmente e pel