Pagina:Da Ponte, Lorenzo – Memorie, Vol. II, 1918 – BEIC 1797684.djvu/123

Possa ognuno di voi sentire a che tendono l’onorate mie mire, e ricordarsi,- con quella egregia sentenza del nostro Dante, che la domanda onesta si dee seguir coll’opera tacendo.

Sono passati settantanove anni da che spirai le prime aure di questa mia lunga carriera: incomincio l’ottantesimo in questo istante con felicissimi auspici. Innalzo al cielo le luci per ringraziarlo d’avermi tanti anni tenuto sopra la terra, e ben ventiquattro di questi tra voi. Innalzo ad un tempo stesso de’ voti, che tutti voi spero accompagnerete co’ vostri, per supplicarlo umilmente di poter anche di questo veder la fine. Io lo spenderò con gioia sincera in servizio vostro, in onor delle nostre lettere e al trionfo della veritá; e, per meritar sempre piú la vostra benevolenza, procurerò, colla guida del nostro benefico astro britanno, di compensare colle cure e la perseveranza e lo studio quello che negherammi di fare l’animo stanco, la cangiata scorza e la scemata in me destrezza e forza. Farò com’ uom, che, dopo lunga via, scemar sente la lena al corpo lasso ; che, se notte s’appressa, affretta il passo ver’ la magion cui riveder desia. Se non potrò seguir la scorta mia, dietro le andrò pur cosí passo passo; e, quando poca terra e muto sasso delle ceneri mie la tomba fia, qualche anima gentil da quella terra inalberá con lagrime pietose i cari germi che il mio cor rinserra. E allor rinascerá tra gigli e rose (’), amaranti e giunchiglie il mio gesmino ( 2 ), e sará la mia tomba un bel giardino. (1) Ho giá fatto osservare che tutte le mie migliori allieve ebbero da me il nome di qualche fiore. (2) L’amabile Cottenet !