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Pensai che aspettasse la mancia; le offersi una moneta, ch’ella rifiutò con disdegno, ma, prendendomi con molta grazia la mano, v’impresse un bacio e lasciomnii. Tutta questa commediola, che non durò meno di cinque ore, mi diverti estremamente. Ma non poteva cacciare dalla mia testa i preti, i frati, Maria Teresa e tutto il suo codice penale; cose tutte di cui io aveva udito parlare come della santissima inquisizione di Spagna. Finalmente m’addormentai. Levatomi la mattina piú tardi del mio solito, trovai nella vicina camera una eccellente colazione e l’ostessa, che m’aspettava. Io aveva imparato ormai tutti i principali complimenti, per esempio «Buon giorno», «Come state?», «Avete dormito bene?». Ma nessun complimento a quella donna piaceva fuorché «lek liebe Sie». Dopo la colazione fu obbligata di lasciarmi, ed io, tornato nella mia camera, trovai due o tre donne che .n’aspettavano con delle cestelle piene di varie mcrcatanzie di ogni sorta, che vendevano per le taverne a’ forastieri. In due ore ne vennero almen venti.

Anche questa usanza mi parve assai strana: in un paese, ove con tanto rigore si vigilava sul buon costume, sotto il pretesto di vendere aghi, spille, fazzoletti, collane, nastri e simili bagattelle, era molto facile assai cose vendere, che nelle cestelle non trovatisi.

Passai dieci o dodici giorni nell’albergo di questa donna, ed, ora col dizionario, ora colla grammatica alla mano, facemmo quattro o cinque ore di conversazione ogni giorno, e quasi sempre suii argomento medesimo, e che sempre finivano con un «Ich hebe Sie». A capo di questi giorni m’accorsi di aver fatto un vocabolarbtto, quasi t> tto composto di parole e di frasi d’amore, e questo mi servi poi moltissimo nel corso delie mie giovenili conquiste in quella cittá ed altrove. M’accorsi però anche d un’altra cosuccia, a cui non ci aveva molto pensato prima: che la mia borsa, cioè, era quasi vuota; perché, sebbene io spendeva pochissimo in quella locanda, quel pochissimo aveva bastato ad esaurire il piú che pochissimo ch’io aveva portato meco in Gorizia. Quella buona femmina s’accorse del mio vicino imbarazzo, e, con una generositá poco comune