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diabolico copriva sempre le barbare e dispotiche sue sentenze, e il terrore, che inspiravano generalmente in Venezia i suoi tremendi giudizi, mi facevano non sol disperare di poter in alcuna maniera soccorrerla, ma di scoprire giammai ciò che di lei fosse adivenuto. Mi pareva in qualche maniera d’essere stato io la cagione del suo infortunio colla mia ingiusta irresolutezza; e questo raddoppiava il mio rincrescimento e il rimorso mio. Convenne però assoggettarsi al diritto del piú forte e contentarsi di spargere qualche lagrima sul destino crudele di quella bellissima giovine, di cui per dodici anni continui mi fu impossibile udir novella. Fu il cavalier Foscarini, ambasciatore della repubblica presso l’imperatore di Germania, che, udendo da me questa storiella, mi narrò, dopo molte reciproche esclamazioni, come la Matilda era stata, per ordine della sua persecutrice, chiusa nel convento delle Convertite; com’egli avevaia intimamente conosciuta, e come alfine era a lui riuscito, dopo sei anni di prigionia, di farla uscire da quel convento e di rimandarla al padre, cui la morte della moglie aveva al governo domestico richiamato.

Partita questa rivale, tornai subito al primo laccio, il quale fu per due anni interi piú forte e piú pericoloso che mai. Era la donna, ch’amava, agitata continuamente dalla passione ilei gioco. Il fratello di questa, giovinastro insolente, prepotente, caparbio, era, per grandissima nostra sciagura, ancor piú vizioso di lei. Io era obbligato di accarezzarlo. Lo secondava ora per complimento ed ora per noia. A poco a poco diventai anch’io giocatore. Non essendo ricchi né essi né io, perdemmo in breve tutto il danaro. Cominciammo allora a fare de’ debiti, a vendere, ad impegnare, e vuotammo prestissimo la guardaroba. Era aperta in que’ tempi la famosa casa da gioco in Venezia, conosciuta comunemente sotto il nome di «pubblico Ridotto».

dove i nobili ricchi avevano il privilegio esclusivo di tener gioco di resto col proprio danaro, e i poveri, per certo prezzo, con quello degli altri, e per lo piú dei doviziosi discendenti di Abramo. Noi vi andavamo tutte le sere, e tutte le sere ce ne tornavamo a casa, maledicendo il gioco ed il suo inventore.