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Artusi. Uscimmo dopo la cena, e, quando poi fummo soli, mi narrò cose di quel paese, che accrebbero a dismisura la voglia ch’io avea di partire 0).

Non volli però andarmene senza qualche picciola vendetta La moglie del capitano Williams, valoroso inglese, e caro all’imperatore, che fatto l’avea comandante d’una flottiglia, era intrinseca amica della mia sposa. Egli stesso mi conosceva e avea molta amicizia per me. Non era allora, per disgrazia, a Venezia, ma s’aspettava di giorno in giorno. Scrissi e lasciai all’amico la seguente lettera per lui.

8 novembre. Stimatissimo signore, io son venuto colla mia Nanci in Itali?

per vedere mio padre, e a Venezia per adempiere certe commissioni datemi dall’impresario del teatro di Londra. Rimasi due soli giorni in questa cittá, vidi pochi amici e sperava di poter fermarmivi alcuni altri giorni per veder lei. Ma in questo momento (dodici della notte) un ufficiale della pulizia mi portò un ordine di Sua Maestá imperiale reale (che sta a Vienna) di lasciar prima di domani a sera Venezia. Vuol Ella al suo ritorno cercar un po’ addentro di questo affare, e dar si a me che alla sposa mia un nuovo segno della sua protezione e amicizia? Il suo devotissimo servitore L. Da Ponte.

Si vedrá tra poco come fui solennemente vendicato da quell’onoratissimo inglese. La domane, prima che sorgesse l’aurora, lasciai Venezia. Presi una gondola per Fusina e andai a Padova. Appena arrivatovi, udii non senza gran pena che una rottura aspettavasi d’ora in ora tra Parme imperiali e francesi in que’ contorni. L’armate non eran divise che da Verona, e, in caso d’una rottura, il mio passaggio si sarebbe reso diffícilissimo. Risolsi dunque sul fatto di non andar piú a Ceneda io stesso, (1) Il mio cortesissimo encomiatore fiorentino (Montani) non trovò niente di bello e di lieto in queste storie. Quanto al niente di lieto, purtroppo è vero; ma, quanto al niente di bello, si piange. La cagione però del pianto è tanto bella per un onoralo veneziano quanto la caduta di Gerosolitna per un israelita