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fino all’ottantesimo anno della mia vita, cosi ancora conserverolli nel mio memore seno fin agli estremi momenti di quella. Il secondo, che, diis [aventibus, onora ancor delle sue rare qualitá la sua patria e da cui ho ricevute non ha guari novelle felici, a’ pregi d’un’anima nobile e gentile accoppia un fondo inesausto di dottrina e un gusto squisito in ogni maniera di letteratura. Compose e forse ancora segue a comporre de’ versi pieni di grazia e di brio; è legista profondo, gran politico ed eloquente oratore. Quai fossero gli effetti prodotti in me alla vista di questi due personaggi, che, con tanti altri poco meno a me cari, vennero a festeggiarmi dopo vent’anni di separazione, lascerò imaginarlo a tutti quelli che sanno quali siano le dolcezze della vera amicizia. Dopo alcune ore di tenera conversazione, ci separammo. Allora volle mio padre ch’io andassi a riposare, e mi chiese di dormire con lui. Mi coricai alquanto prima di quel buon vecchio, ed egli si mise al piede d’un crocifisso, che teneva al letto vicino, per dire le solite preghiere, che duravan circa mezz’ora, eli’in un suono di voce divota e flebile terminò con queste parole: — Nunc dimittis servimi luum in pace. — Finito ciò, venne a letto, mi strinse fra le sue braccia e ripetè in italiano: — Figlio mio, ti ho veduto ancora una volta: moro contento. — Smorzò i lumi, e tacemmo entrambi pochi minuti; ma, udendolo sospirare, lo pregai di dirmi che cosa avea.

— Dormi, dormi, figliuolo mio — rispose egli, sospirando novellamente: — parleremo domani. — Dopo qualche tempo, mi parve ch’egli dormisse, e anch’io m’addormentai.

La mattina, svegliandomi, trovai che piú non era nel letto. Egli s’era levato pian piano prima del sole, ed era ito al mercato per provvedere a tempo le migliori frutta e i piú delicati cibi della stagione per la colazione e pel pranzo. Le mie sorelline, i mariti, i figli di quelle ch’erano madri e i due miei giovani fratelli Paolo ed Enrico stavano tutti alla porta della camera, per entrarvi al primo romore che udissero. Non so s’ebbi occasione di sputar, di tossire o di far scricchiolare il letto movendomi: so che in un momento entrar vidi una falange d’uomini,