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ed ai divertimenti, dimenticando o negligendo quasi del tutto la letteratura e lo studio. Aveva concepita una violentissima passione per una delle piú belle, ma insieme delle piú capricciose dame di quella metropoli. Teneva occupato questa tutto il mio tempo nelle solite follie e frivolezze d’amore e di gelosia, in feste, stravizzi e bagordi, e, salvo qualch’ora della notte, eh’ io dava per uso alla lettura di qualche libro, non credo, in tre anni di tempo che durò quella tresca, d’aver imparata cosa che pria non sapessi o che fosse pur degna di sapersi. Parve che la provvidenza volesse liberarmi dal pericolo terribile che sovrastavami. Ad onta di tutte le gelosie e di tutti i capricci di quella donna, ritenuto aveva il buon uso di andare la sera a certo cafTé, dove i piú colti e dotti uomini di Venezia si radunavano, ed era chiamato per questo il «Caffè de’ letterati». Trovandomivi una sera mezzo mascherato, entrò un gondoliere, guardossi attorno, fissò gli occhi in me e mi fece cenno d’uscire. Arrivato sulla strada, mi fé’ cenno di seguirlo. Mi trasse allora alla riva di un canale vicino, e mi fece entrare in una gondola, che dalla parte opposta di quella bottega era situata. Credendo di trovar ivi la mia amica, che soleva venir talvolta a pigliarmi in quel loco, v’entrai senza altro indagare, e me le assisi vicino. Era la notte tenebrosissima. Un fanale acceso in qualche distanza mi aveva fino allora mostrato il cammino; ma, quando fui nella gondola, il barcaiuolo lasciò cadere il solito panno sull’imboccatura di quella, perlocché il buio era perfettissimo. Salutando ella me ed io lei nel punto medesimo, discoprimmo ambidue, al suon di una voce che c’era nuova, che il gondoliere dovea avere equivocato. Io l’avea, sedendo, presa per la mano, per baciargliela all’uso nostro, la quale era assai piú pienotta di quella dell’amica mia. Tentò ella subito ritirarla; ma io la ritenni con dolce forza, assicurandola con vive espressioni che non aveva nulla a temere. Mi rispostila cortesemente, pregandomi tuttavolta d’andarmene. Accorgendomi che non era veneziana, come quella che prettissimo toscano favellava, venni in maggior curiositá di saper chi fosse, e adoperai tutta l’eloquenza perché mi permettesse d’accompagnarla