Pagina:Da Ponte, Lorenzo – Memorie, Vol. I, 1918 – BEIC 1797111.djvu/198

ed offerirvi il suo posto. Come il Badini gli ha scroccate sessanta ghinee a conto del suo salario, cosi vorrebbe che voi vi contentaste di pagargliele, scontandole dalle dugento ch’egli offre a voi. Io credo che lo farete, perché non è il danaro che deve muovervi, ma la buona occasione di farvi conoscere in Londra.

Con tale principio, osai assicurarlo che verrete. Mi diede per ciò venti ghinee per le spese del vostro viaggio. Venite: late presto: i vostri amici, tra gli altri Ferrari, Rovedmo, Kelly e la Storace vi aspettano ansiosamente; ed io muoio di voglia di riabbracciar la mia Nanci.

Alla lettura di questo foglio non potei trattenere le lagrime, che compensarono ben a gran doppi quelle che sparsi tanti di e tante notti, dopo la battaglia di Dunkirk, in Olanda.

Sbalzai allora dal letto, m’inginocchiai alla sponda di quello, e, alzando al cielo le mani e gli occhi, ripetei con perfetto sentimento di religiosa gratitudine i quattro versi di Atar nel mio Assur:

Dio protettor de’ miseri, tu non defraudi mai quelli che in te confidano, che speran solo in te.

Non passò un’ora, e Cera venne da noi. Io non sapeva da qual parte cominciare a dargli la lieta novella. Pensai alfine ch’era meglio di tutto dargli da leggere quella lettera, e feci cosi. La sola soprascritta, dov’era quel fortunatissimo «con» bastò a fargli mettere un lunghissimo grido di allegrezza, che s’udí, credo, da un polo all’altro. Ma, quando poi lesse quel che conteneva quel foglio, il suo gaudio, il suo tripudio di gioia fu tanto eccessivo, che ne fui in veritá spaventato. Cantava, ballava, saltava, abbracciava ora me, ora la mia consorte, e, dopo tutti questi atti di festivitá e di contento, si mise a piangere come un bambino. Restituendomi aifin quella lettera:

— Ecco — diss’egli, — o miei cari amici, verificato il mio sogno. L’Olanda è la selva oscura, il teatro di Londra è la montagna alta e distante, F impresario di quella è il sagittario che scoccò