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abitava. Mi parve che fissasse gli occhi in me attentamente e che mi corresse incontro lietissimo per abbracciarmi ; mi parve ancora che il mio amico Salieri fosse con me in quell’incontro. E la mattina, svegliandomi, narrai la bizzarria di tal sogno al fratello mio. Salieri, ch’era solito ogni mattina di venire da me, vi venne all’usata ora, ed io uscii con lui per andar in un pubblico giardino a passeggiare. Arrivato sul Graben, scorgo in qualche distanza un vecchio che mi guarda fiso e che mi par di conoscere. A un tratto vedo che spiccasi dal suo loco e che mi corre addosso con gran trasporto: — Da Ponte, Da Ponte caro — gridando, — con quanto piacere vi trovo! — E queste furono le precise parole, ch’egli, anche sognando, mi disse. Chi crede a’ sogni è matto; e chi non crede che cos’è? Rimase diversi anni a Vienna, dove né io né altri mai seppe quello che fece o come visse; ma io conversava assai spesso con lui. Egli trovò in ogni occasione aperta e la casa e la borsa mia; e, quantunque io non amassi né i suoi principi né la sua condotta, nulladimeno amava e stimava moltissimo i consigli e i precetti suoi, che, a dir il vero, eran aurei, e di cui ho profittato poco, ma avrei potuto veracemente profittare moltissimo.

Per tornar alla storia di Parigi e di Costa, passeggiando un di sul Graben con Casanova, lo vedo improvvisamente aggrottare le ciglia, squittire, incioccare i denti, contorcersi, divincolarsi, levar al cielo le mani e, staccandosi furiosamente da me, gittarsi addosso ad un uomo che mi pareva eli conoscere, gridando ad altissima voce: — Assassino, t’ho còlto ! — Come una quantitá di gente era corsa a quell’atto strano e a quel grido, cosi mi accostai a loro con qualche ribrezzo: pur finalmente, fatto coraggio, presi Casanova per mano e quasi a forza lo divisi da quella spezie di zuffa. Mi narrò allora con atti e gesti da disperato la storia della vecchia, e mi disse che quello era quel Gioachino Costa da cui era stato tradito. Questo Gioachino, che, sebben i vizi e le cattive pratiche avessero ridotto a servire e fosse in quel medesimo tempo cameriere d’un signore viennese, faceva anch’egli, o bene o male, il poeta. Era appunto uno di quelli che m’avevan onorato delle lor satire, quando