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suffragio per poter lasciare Trieste e partir per Parigi, dov’io disegnava di rifugiarmi, rinunziando alle speranze che m’avean fatto concepire le sue parole. Non m’ingannai nelle congetture. Il Casti ne parlò al conte Saur, e questi al sovrano, che seguitava a tacere. Io non avea piú consiglio. Disperazione mi cavò dalla penna la seguente lettera:

Maestá, le grida della mia disperazione dovrebbero essere arrivate a quest’ora all’augusto trono. Non so qual effetto prodotto abbiano, perché nessuno si prese la briga d’instruirmi. Le rinnuovo io stesso alla Maestá Vostra, incapace di piú tollerare l’eccesso d’una desolante miseria, ecostretto a implorar della sua giustizia un ordine definitivo, che mi tolga di speranza o di errore. Io non posso temere di non esser esaudito, portando con sé la mia supplica il conforto delle promesse di un re, i caratteri d’una paziente moderazione e il vero ritratto d’un uomo, che si trova agli estremi dell’ indigenza per la sua rispettosa fiducia nelle parole della Maestá Vostra.

Lasciai correre tre settimane, e, non vedendo alcuna risposta né dall’imperatore né dai ministri, dopo essermi consigliato col governatore, «indocilis pauprriem pati» presi la risoluzione di andare io stesso a Vienna. Mancandomi i mezzi di fare il viaggio, scopersi modestamente il mio disegno e le mie circostanze al vescovo del loco, soggetto d’altissima riputazione per fama di santitá e di dottrina. Egli non mi vedeva volentieri in Trieste. Nemico atroce della memoria del non gesuitico Giuseppe, che m’aveva amato e protetto, contrario alle massime d’un poeta libero e non bacchettone, avrebbe (atto ogni cosa per mandarmi al di lá di Saturno, nonché a Vienna. Udí perciò santamente e caritatevolmente la mia perorazione, ne fu o parve essere molto intenerito; ma, avendo io, disse egli, avuta la disgrazia di dispiacere all’imperador, «suo signore e mio», tutto quello che poteva fare per me era raccomandarmi a Dio nelle sue sante orazioni. Ecco in che consiste spesso la religione e la caritá di certe sterili ficaie del santuario!

Partito dal vescovo, deliberai d’andar dal governatore e di palesargli la mia risoluzione e lo stato mio; ed egli, che non