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— Vostra Maestá vede adesso se era il Da Ponte l’autoF delle cabale, o se Io son quei medesimi che le volevan far credere ch’ei lo fosse.

— Oh ! lo veggo bene, lo veggo.

— Prima di tutto, o Sire, bisogna distrugger le cause.

— Ebbene, ditemi le principali. — Sedette, prese in mano la penna e si mise in atto di scrivere. Gli ripetei allora le cose stesse che aveva giá suggerite alla direzione, ed egli le scrisse colla maggior esattezza, approvando di tratto in tratto quello ch’io gli dettava e che non ridico in queste Memorie , come cose che interessare non possono i miei lettori, né aggiungere o togliere alcuna dilucidazione alla storia della mia vita. Scrisse quel che io dettai per lo spazio intero d’un’ora, mi parlò d’alcune altre cose che bello ora è il tacere, siccome era il parlar colá dov’era, mi assicurò novellamente di ricordarsi di me e di darmi novelle di lui, mi domandò se m’occorreva danaro ; ed io, benché non era lontano ad averne bisogno, fui stolto o vano abbastanza per dirgli che nulla occorrevami. * Partii alfine dalla sua camera, colla ferma speranza di veder in brevissimo tempo trionfare la mia innocenza. Ma vedrassi tra poco l’elTetto per me funesto di questa speranza. Quest ultima idea Irattanto fece la impression piú viva nell’anima mia. Operai subito in relazione di quella, cercando di allontanar tutte l’altre, che mi volean condurre per forza ad un altro ritratto di questo principe. Egli non era piú per me un uom ingiusto; egli era stato ingannato; era peccato che avesse al fianco dei consiglieri malvagi e che una caterva d’adulatori l’ubbidisse per tradirlo.

Con questa lusinga neH’animo, lasciai correr alcune settimane senza far o dir nulla. Questo bastò ad esaurire la borsa d’un poeta, che non è mai stato né avaro né ricco. Le promesse sovrane m’aveano fatto seguitare l’intrapresa assistenza di due