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domandò la permissione al sarto, alla Lisetta ed a me d’imprimere il primo casto bacio sulle labbra al bel giovanetto, ed, appressandosi a lui, la bocca gli baciò tutta tremante; ma, dal modo con cui egli la ribaciò, avrebbe molto facilmente potuto accorgersi che quel primo bacio sarebbe Lultimo. Andò, dopo questo, alla sua camera. Il gioielliere rimase alcun tempo con noi, ma in pochi minuti s’udi dall’alto gridare una voce flebile: — Cecco, è tempo d’andar a letto. — Dopo un breve silenzio, s’udi ripetere in suon piú forte il medesimo invito, a cui dopo aver egli risposto:— Tra poco, madama, — chiamò la Lisetta, le disse poche parole e parti. Non passaron che pochi istanti, e la medesima voce in tuono piú ansioso e desiderante si fece udire, sciamando : — Ma, Cecco, è tempo d’andar a letto. — Allora la sarta dal piè della scala le fece intendere che Cecco avea dovuto partire per qualche importante affaruccio, ma che la mattina ritornerebbe. La povera vecchia non voleva crederlo. Non scese no, precipitò... delle scale. Diceva ch’era una burla, e che n’era di ciò sicurissima. Cerco per tutte le camere, sotto i letti, negli armadi, dietro le cortine delle finestre, in tutti gli angoli e buchi della casa, e, vedendo alfine che non era burla ma veritá, si gettò disperatamente sopra il sofá, empie’ d’ululati e di stridi la casa, finché, stanca di urlare, di piangere, di contorcersi, di divincolarsi c di far tutto quello che farebbe uno che addosso avesse non un demonio sol, ma le decine, dopo un’ora di tragicommedia, s’addormentò sul sofá, dove la lasciammo dormir e russare fino alle nove della mattina.

Fu quella appunto l’ora in cui il giovane gioielliere ricevette in sua casa i quattro figli di quella donna, cui due ore prima aveva per lettera invitati a fargli una visita. Li fece sedere e, vedendoli in viso seri e corrucciati, parlò loro cosi: — Signori, la povera madre vostra, incapace di moderare in sua vecchia etá l’impetuosa passione de’ sensi, fosse amore che la sedusse