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giorni cessò di vivere. Appena emanato il decreto, l’imperadore scritto aveva un biglietto graziosissimo al cesareo poeta, clic dalla legge generale escludevalo e con un elogio affcttuosissimo tutte le sue pensioni riconfermavagli : ma questa medicina fu troppo tarda al colpo mortale, che ferito avea l’animo di quel buon vecchio. Lodato sia il cielo! io non morrò mai pel dolore di perdere le mie pensioni. Invidia, gelosia di mestiere, travaglio ed ingratitudine son le quattro divinitá da cui quasi sempre fui pensionato; c, quando uno perde le loro pensioni, non v’ò periglio che mora!

Seguitai per qualche tempo a vivere ozioso. La piú gran parte del danaro da me portato da Dresda se n’era ito, ed io non poteva dimenticare l’ulive nere e l’acqua di Brenta, con cui per piú di quaranta giorni aveva fatto una seconda quadragesima in Padova. Cominciai allora a pensare all’economia. Invece di seguitar a tenere un alloggio in cittá, che mi costava assai caro, presi una cameretta nella casa d’un sarto nel sobborgo di Vidden. Per mia buona sorte feci in quel tempo la conoscenza di un giovane colto, erudito e della italiana letteratura amantissimo, che, sebbene non ricco, era però tanto generoso da somministrarmi in modo assai nobile quanto bastonimi a non sentir i bisogni per molti mesi.

Udii dire frattanto accidentalmente che l’imperatore volea riaprire un teatro italiano in quella cittá. Risovvenendomi allora del suggerimento di Mazzola, mi passò per la mente il pensiero di diventar poeta di Cesare. Io aveva nudrito sempre in me stesso un sentimento di affettuosa venerazione per quel sovrano, di cui aveva udito narrare infiniti tratti di umanitá, di grandezza e di beneficenza. Questo sentimento accresceva il coraggio mio e avvalorava le mie speranze. Andai da Salicri, a cui dato aveva al mio arrivo la lettera di Mazzolá; ed egli non m’alletto solamente a domandar quel posto, ma offersemi di parlar per me egli medesimo al direttore degli spettacoli ed al sovrano medesimo, da cui singolarmente era amato. Maneggiò si bene la cosa, che andai da Cesare la prima volta, non per domandar grafie, ma per ringraziare. Io non aveva parlato prima d’allora