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70 annali d’anna.

colmi di rose, e cominciarono a spargere i fiori su le teste dei prostrati, mentre l’organo sonava un inno giocondo. Anna era rimasta china, in una specie di estasi che la beatitudine del misterio celebrato e il senso vagamente voluttuoso della guarigione le davano. Come alcune rose vennero a caderle su la persona, ella n’ebbe un fremito. E la povera donna nulla aveva provato nella sua vita di più dolce che quel fremito di sensualità mistica e il susseguito sfinimento di languore.

La Pasqua rosata rimase perciò la festività prediletta di Anna, e ritornò periodicamente senza alcun episodio notevole. Nel 1860 la città fu turbata da gravi agitazioni. Si udivano spesso nella notte i rulli dei tamburi, li allarmi delle sentinelle, i colpi della moschetteria. Nella casa di Donna Cristina si manifestò un più vivo fervore di azione tra i cinque proci. Anna non si sbigottì; ma visse in un raccoglimento profondo, non prendendo conoscenza delli avvenimenti pubblici nè di quelli domestici, adempiendo ai suoi uffici con un’esattezza macchinale.

Nel mese di settembre la fortezza di Pescara fu evacuata; le milizie borboniche si sbandarono, gittando armi e bagagli nelle acque del fiume; stuoli di cittadini corsero le vie con liberali acclamazioni