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368 san làimo navigatore.

terre, di nuovi pericoli, di nuovi conflitti. Navigò per mari tutti coperti di fuchi natanti, dove i remi s’impigliavano come in masse di gramigne tenaci. Traversò immensi spazi dove l’aria e l’acqua tacevano in una immobilità di sonno, in un calore umido e luminoso per mezzo a cui torme di uccelli ignoti passavano simili a meteore. Incontrò scogli deserti, lieti di piante vergini, cinti d’una candida corona di corallo. Approdò a una terra abitata da uomini scarni, co ’l ventre prominente, che si coprivano di fango per difendersi dalle punture delli insetti, si tingevano di cinabro i capelli, parlavano una lingua dolce e sonora, e nulla amavano più del ballo e delle canzoni. Vide paesi di cui li uomini, tutti dipinti co ’l frutto del genipo, ornati le labbra e li orecchi d’enormi dischi di legno, agilissimi, ferivano nell’acqua a colpi di frecce i pesci addormentati prima da succhi di radici velenose. Vide isolette piene di una gente infetta d’elefanzía, infingarda, che passava la vita fumando l’oppio, nutrendosi di riso, e prendendo diletto ai combattimenti dei galli e d’altri animali. Risalì correnti di fiumi dove scimmie innumerevoli tra le pacifiche forme delli ippopotami e delli elefanti schiamazzavano.

Tutti li indigeni dinanzi a lui si prostrarono, offerendo in dono canne di bambù colme d’olio di