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330 | la guerra del ponte. |
guardare; e tutti, poichè la consueta ora del pasto era già trascorsa, si sentivano la testa un poco vacua e nello stomaco un languore infinito. Brevi dialoghi dalla via alle finestre si intrecciavano. I giovini gittarono motti salaci alle belle. Le belle risposero con gesti schivi, con scuotere di capo; o si ritrassero, o forte risero. Le fresche risa di quelle bocche si sgranellavano come collane di cristallo, cadendo su li uomini che già il desio incominciava a pungere. Dalle mura il calore s’irradiava più largo e mescevasi al calor dei corpi agglomerati. I riverberi bianchissimi abbarbagliavano. Qualche cosa di snervante e di stupefacente discendeva su quella turba digiuna.
Apparve su una loggia, d’improvviso, la Ciccarina, la bella delle belle, la rosa delle rose, l’amorosa pèsca, colei che tutti han desiato. Per un moto unanime, li sguardi si volsero verso di lei. Ella, nel trionfo, stava semplicemente, sorridendo, come una dogaressa dinanzi al suo popolo. Il sole le illuminava la piena faccia di cui la carne è simile alla polpa di un frutto succulento. I capelli, di quel color castaneo di sotto a cui par trasparisca una fiamma d’oro aranciato, le invadevano la fronte, le tempia, il collo, mal frenati. Un nativo fáscino afrodisiaco le emanava da tutta la