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320 la guerra del ponte.

numento della patria, ha quasi in sè la santità delle cose antiche e dà alli estranei indizio di genti che ancora vivano in una semplicità primordiale.

Li odii tra i Pescaresi e i Castellamaresi cozzano su quelle tavole che si consumano sotto i laboriosi traffici cotidiani. E, come per di là le industrie cittadine si riversano su la provincia teramana e vi si spandono felicemente, oh con qual gioia la parte avversa taglierebbe i canapi e respingerebbe i sette rei battelli a naufragare!

Sopraggiunta dunque la bella opportunità, il gonfaloniere nemico con molto apparato di forze campestri impedì ai Pescaresi il passaggio nell’ampia strada che dal ponte si dilunga per gran tratto congiungendo innumerevoli paesi.

Era nell’intendimento di colui chiudere la città rivale in una specie d’assedio, toglierle ogni modo di traffico ed interno ed esterno, attrarne al suo mercato i venditori e i compratori che per consuetudine praticavano su la destra riva; e, quindi, dopo avere ivi oppressa in una forzosa inerzia ogni arte di lucro, sorgere trionfatore. Offerse egli ai padroni delle paranze pescaresi venti carlini per ogni cento libbre di pesce, mettendo come patto che tutte le paranze approdassero e scaricassero