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il martirio di gialluca. 303

tu! Tenghe la mojie e li fijie.... Pietà! Misericordie, sante Rocche mi’!”

Gialluca teneva congiunte le mani; parlava con voce che pareva non fosse più la sua. Poi si rimise a sedere, dicendo semplicemente a Massacese:

‟Fa.”

Massacese avvolse in torno ai pezzi di legno un po’ di stoppa; e a mano a mano ne tuffava uno nel catrame bollente e con quello strofinava la piaga. Per rendere più efficace e profonda la bruciatura, versò anche il liquido nelle ferite. Gialluca non mosse un lamento. Li altri rabbrividivano, in conspetto di quello strazio.

Disse Ferrante La Selvi, dal suo posto, scotendo il capo:

‟L’avet’accise!”

Li altri portarono sotto coperta Gialluca semivivo; e l’adagiarono sopra una branda. Nazareno rimase a guardia, presso l’infermo. Si udivano di là le voci gutturali di Ferrante che comandava la manovra e i passi precipitati dei marinai. La Trinità virava, scricchiolando. A un tratto Nazareno si accorse d’una falla da cui entrava acqua; chiamò. I marinai discesero, in tumulto. Gridavano tutti insieme, provvedendo in furia a riparare. Pareva un naufragio.