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276 la fattura.

aperto l’uscio, si gittò in su ’l letto pesantemente tra le braccia del sonno, e inerte vi rimase.

Ciávola e il Ristabilito, come ebbero avuto ristoro alla cena di Don Bergamino, muniti di certi ordigni ritorti, se ne vennero cautamente all’impresa. Era il cielo, dopo l’occaso della luna, tutto smagliante di stelle; e un maestraletto gelido andava soffiando per la solitudine. I due avanzarono in silenzio, tendendo l’orecchio, soffermandosi ad ora ad ora; e tutte le virtù venatorie e le agilità di Matteo Puriello in quell’occorrenza si esercitavano.

Quando essi giunsero alla mèta, il Ristabilito a pena potè trattenere una esclamazione di gioia accorgendosi dell’uscio aperto. Una perfetta quiete regnava nella casa, se non che si udiva il profondo russare del dormiente. Ciávola salì primo le scale, seguíto dall’altro. Ambedue, al fievolissimo lume che entrava pe’ i vetri, scorsero subito la forma vaga del porco in su ’l tavolo. Con infinita cautela sollevarono il peso e pianamente lo trassero fuori a gran forza di braccia. Stettero quindi in ascolto. Un gallo d’improvviso cantò e altri galli risposero dalle aie, consecutivamente.

Allora i due gai ladroni si misero pe ’l sentiero, con il porco in su le spalle, ridendo d’un riso