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232 la fine di candia.

inviperito che stia per ghermire. E le labbra sottili le tremavano.

‟C’era nella stanza l’argenteria, e Donna Cristina trova mancante ’na cucchiara.... Capite, figlia mia? L’avete presa voi.... pe’ sbaglio?”

Candia saltò come una locusta, a quell’accusa immeritata. Ella non aveva preso nulla, in verità.

‟Ah, io? Ah, io? Chi lo dice? Chi m’ha vista? Mi faccio meraviglia di voi, Don Sí! Mi faccio meraviglia di voi! Io ladra? io? io?...”

E la sua indignazione non aveva fine. Ella più era ferita dall’ingiusta accusa perchè si sentiva capace dell’azione che le addebitavano.

‟Dunque voi non l’avete presa?” interruppe Don Silla, ritirandosi in fondo alla sua grande sedia curule, prudentemente.

‟Mi faccio meraviglia!” garrì di nuovo la donna, agitando le lunghe braccia come due bastoni.

‟Be’, andate. Si vedrà.”

Candia uscì, senza salutare, urtando contro lo stipite della porta. Ella era diventata verde: era fuori di sè. Mettendo il piede nella via, vedendo tutta la gente assembrata, comprese che oramai l’opinione popolare era contro di lei; che nessuno avrebbe creduto alla sua innocenza. Nondimeno