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226 | la fine di candia. |
santo dei Pescaresi. Ad ogni occasione nominava il paese natale, le bellezze e le ricchezze del paese natale, li splendori della sua basilica, i tesori di San Tommaso, la magnificenza delle cerimonie ecclesiastiche, in confronto alle miserie di San Cetteo che possedeva un solo piccolo braccio d’argento.
Donna Cristina disse:
‟Guarda bene di là.”
Maria uscì dalla stanza per andare a cercare. Rovistò tutti li angoli della cucina e della loggia, inutilmente. Tornò con le mani vuote.
‟Non c’è! Non c’è!”
Allora ambedue si misero a pensare, a far delle congetture, a investigare nella loro memoria. Uscirono su la loggia che dava nel cortile, su la loggia del lavatoio, per fare l’ultima ricerca. Come parlavano a voce alta, alle finestre delle case in torno si affacciarono le comari.
‟Che v’è successo, Donna Cristí? Dite! dite!”
Donna Cristina e Maria raccontarono il fatto, con molte parole, con molti gesti.
‟Gesù! Gesù! Dunque ci stanno i ladri?”
In un momento il remore del furto si sparse pel vicinato, per tutta Pescara. Uomini e donne si misero a discutere, a imaginare chi potesse essere il ladro. La novella, giungendo alle ultime