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turlendana ritorna. 219


Quando giunsero alla cantina lodata, si separarono.

‟F’lice sera, segnore!”

‟F’lice sera.”

Turlendana entrò, tranquillamente, fra la curiosità dei bevitori che sedevano a certe lunghe tavole in giro.

Avendo chiesto da mangiare, egli fu da Verdura invitato a salire in una stanza superiore ove i deschi erano già pronti per le cene.

Nessun cliente ancora stava nella stanza. Turlendana sedette e incominciò a mangiare a grandi bocconi, con la testa su ’l piatto, senza intervalli, come un uomo famelico. Egli era quasi intieramente calvo: una profonda cicatrice rossiccia gli solcava per lungo la fronte e gli scendeva fino a mezzo la guancia; la barba folta e grigia gli saliva fino ai pomelli emergenti; la pelle, bruna, secca, piena di asperità, corrosa dalle intemperie, riarsa dal sole, incavata dalle sofferenze, pareva non conservare più alcuna vivezza umana; li occhi e tutti i lineamenti erano, da tempo, come pietrificati nell’impassibilità.

Verdura, curioso, sedette di contro; e stette a riguardare il forestiero. Egli era piuttosto pingue, con la faccia d’un color roseo sottilissi-