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turlendana ritorna. | 215 |
mpognari di Atina, i montagnuoli domatori d’orsi, i cerretani, i falsi mendicanti, i ladri, le fattucchiere.
Gran mezzano della marmaglia era Binchi-Banche. Giustissima proteggitrice, Rosa Schiavona.
Come udì i romori, la femmina venne su ’l limitare. Ella pareva in verità un essere generato da un uomo nano e da una scrofa.
Chiese, da prima, con un’aria di diffidenza:
‟Che c’è’?”
‟C’è qua ’stu cristiano che vuo’ alloggio co’ le bestie, Donna Rosa.”
‟Quante bestie?”
‟Tre, vedete, Donna Rosa: ’na scimmia, ’n’asina e ’nu camelo.”
Il popolo non badava al dialogo. Alcuni incitavano Zavalì. Altri palpavano le gambe di Barbarà, osservando su le ginocchia e su ’l petto i duri dischi callosi. Due guardie del sale, che avevano viaggiato sino ai porti dell’Asia Minore, dicevano ad alta voce le varie virtù dei camelli e narravano confusamente d’averne visti taluni fare un passo di danza portando il lungo collo carico di musici e di femmine seminude.
Li ascoltatori, avidi di udire cose meravigliose, pregavano:
‟Dite! dite!”