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214 | turlendana ritorna. |
loggia bassa un’erba mezzo secca, tese il collo e sporse le labbra per giungerla, e la strappò. Un grido di terrore ruppe dalle donne che stavano su la loggia chine; e il grido si propagò nelle logge prossime. La gente della via rideva forte, gridando come in carnovale dietro le maschere:
‟Viva! Viva!”
Tutti erano inebriati dalla novità dello spettacolo e dall’aria della primavera.
Dinanzi alla casa di Rosa Schiavona, in vicinanza di Portasale, Binchi-Banche accennò di sostare.
‟È qua,” disse.
La casa, molto umile, a un solo ordine di finestre, aveva le mura inferiori tutte segnate d’iscrizioni e di figurazioni oscene. Una fila di pipistrelli crocifissi ornava l’architrave; e una lanterna coperta di carta rossa pendeva sotto la finestra media.
Ivi alloggiava ogni sorta di gente avveniticcia e girovaga; dormivano mescolati i carrettieri di Letto Manoppello grandi e panciuti, i zingari di Sulmona, mercanti di giumenti e restauratori di caldaie, i fusari di Bucchianico, le femmine di Città Sant’Angelo venute a far pubblica professione d’impudicizia tra i soldati, li zampognari di