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turlendana ritorna. 213

alte ed ingrate variazioni di voci e con tanta sospirevole passione che un’ilarità unanime corse il popolo. E le schiette risa plebee si propagavano da un capo all’altro del ponte, come uno scroscio di scaturigine cadente giù pe’ i sassi d’una china.

Allora Turlendana ricominciò a muoversi attraverso la folla, non conosciuto da alcuno.

Quando fu su la porta della città, dove le femmine vendevano la pesca recente dentro ampi canestri di giunco, Binchi-Banche, l’omiciattolo dal viso giallognolo e rugoso come un limone senza succo, gli si fece innanzi, e, secondo soleva con tutti i forestieri che capitavano nel paese, gli offerse i suoi servigi per l’alloggiamento.

Prima chiese, accennando a Barbarà:

‟È feroce?”

Turlendana rispose che no, sorridendo.

‟Be’!” riprese Binchi-Banche, rassicurato,”ci sta la casa di Rosa Schiavona.”

Ambedue volsero per la Pescería e quindi per Sant’Agostino, seguiti dal popolo. Alle finestre e ai balconi le donne e i fanciulli si affacciavano guardando con stupore il passaggio del camello e ammiravano le minute grazie dell’asinetta bianca e ridevano ai lezi di Zavalì.

A un punto Barbarà, vedendo pendere da una