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202 la contessa d’amalfi.


Egli rimase a sedere su ’l letto, quasi immobile, con li occhi rossi, con le tempie tutte annerite dalla tintura dei capelli mista al sudore, con la faccia solcata da rughe diventate più profonde all’improvviso, invecchiato di dieci anni in un’ora; grottesco e miserevole.

Venne Don Grisostomo Troilo, che aveva saputa la novella; ed entrò. Era un uomo d’età, di piccola statura, con una faccia rotonda e gonfia, d’onde uscivan fuori due baffi acuti e sottili, bene incerati, simili a due aculei. Disse:

‟Be’, Giovà, che è questo?”

Don Giovanni non rispose; ma scosse le spalle come per rifiutare ogni conforto. Don Grisostomo allora si mise a riprenderlo amorevolmente, con unzione, senza parlare di Violetta Kutufà.

Sopraggiunse Don Cirillo D’Amelio con Don Nereo Pica. Tutt’e due, entrando, avevano quasi un’aria trionfante.

‟Hai visto? Hai visto, Giovà? Noi lo dicevaaamo! Noi lo dicevaaamo!”

Essi avevano ambedue una voce nasale e una cadenza acquistata dalla consuetudine del cantare su l’organo, poichè appartenevano alla Congregazione del Santissimo Sacramento. Cominciarono a imperversare contro Violetta, senza