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200 | la contessa d’amalfi. |
d’un lampione comunale, pareva di color verde. I parassiti, a poco a poco, nel discorso, cacciavan fuori una certa animosità contro la cantatrice che spiumava con tanto garbo il loro anfitrione. Essi temevano che i larghi pasti corressero pericolo. Già Don Giovanni era più parco d’inviti. ‟Bisognava aprire li occhi a quel poveretto. Un’avventuriera!... Puah! Ella sarebbe stata capace di farsi sposare. Come no? E poi lo scandalo....”
Don Pompeo Nervi, scotendo la grossa testa vitulina, assentiva:
‟È vero! È vero! Bisogna pensarci.”
Don Nereo Pica, la faina, proponeva qualche mezzo, escogitava stratagemmi, egli uomo pio, abituato alle secrete e laboriose guerre della sacrestia, scaltro nel seminar le discordie.
Così quei mormoratori s’intrattenevano a lungo; e i discorsi grassi ritornavano nelle loro bocche amare. Come era la primavera, li alberi del giardino pubblico odoravano e ondeggiavano bianchi di fioriture, dinanzi a loro; e pei vicoli vicini si vedevano sparire figure di donne.
V.
Quando dunque Don Giovanni Ussorio, dopo aver saputa da Rosa Catana la partenza di Vio-