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la contessa d’amalfi. 197

una sera, prendendo una bacchetta e piegandola, disse: ‟Com’è flebile!” per dire flessibile; un’altra sera, indicando il palato e scusandosi di non poter sonare il flauto, disse: ‟Mi s’è infiammata tutta la platea!” e un’altra sera, indicando l’orificio di un vaso, disse che, perchè i fanciulli prendessero la medicina, bisognava spargere di qualche materia dolce tutta l’oreficeria.

Di tratto in tratto, Don Paolo Seccia, spirito incredulo, udendo raccontare fatti troppo singolari, saltava su:

‟Ma, Don Antò, voi che dite?”

Don Antonio assicurava, con una mano su ’l cuore:

‟Testimone oculista! Testimone oculista!

Una sera egli venne, camminando a fatica; e piano piano si mise a sedere: aveva un reuma lungo il reno. Un’altra sera venne, con la guancia destra un po’ illividita: era caduto di soppiatto, cioè aveva sdrucciolato battendo la guancia su ’l terreno.

‟Come mai, Don Antò?” chiese qualcuno.

‟Eh guardate! Ho perfino un impegno rotto,” egli rispose, indicando il tomaio che nel dialetto nativo si chiama 'mbígna, come nel proverbio Senza ’mbígna nen ze mandé la scarpe.

Questi erano i belli ragionari di quella gente.