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182 la contessa d’amalfi.

Lara, scendendo da un padiglione. E toccò il culmine del trionfo.

Ella aveva ora un abito violetto, ornato di galloni d’argento e di fermagli enormi. Si volse verso la platea, dando un piccolo colpo di piede allo strascico e scoprendo nell’atto la caviglia. Poi, inframezzando le parole di mille vezzi e di mille lezi, cantò fra giocosa e beffarda:

Io son la farfalla che scherza tra i fiori....

Quasi un delirio prese il pubblico, a quell’aria già nota. La contessa d’Amalfi, sentendo salire fino a sè l’ammirazione ardente delli uomini e la cupidigia, s’inebriò; moltiplicò le seduzioni del gesto e del passo; salì con la voce a supreme altitudini. La sua gola carnosa, segnata dalla collana di Venere, palpitava ai gorgheggi, scoperta.

Son l’ape che solo di mèle si pasce;
M’inebrio all’azzurro d’un limpido ciel....

Don Giovanni Ussorio, rapito, guardava con tale intensità che li occhi parevano volergli uscir fuori delle orbite. Il barone Cappa faceva un po’ di bava, incantato. Don Antonio Brattella, membro dell’Areopago di Marsiglia, gonfiò, gonfiò, fin che disse, in ultimo:

‟Colossale!”