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la contessa d’amalfi. 181

bandonavano un poco in dietro quasi per gorgheggiare insieme con la sirena perdentesi tra i fiori.

La barca è presta..... deh vieni, o bella!
Amor c’invita.... vivere è amar.

In quel punto Violetta Kutufà conquistò intero Don Giovanni Ussorio che, fuori di sè, preso da una specie di furore musicale ed erotico, acclamava senza fine:

‟Brava! Brava! Brava!”

Disse Don Paolo Seccia, forte:

‟’O vi’, ’o vi’, s’è ’mpazzito Ussorio!”

Tutte le signore guardavano Ussorio, stordite, smarrite. Le maestre Del Gado scorrevano il rosario, sotto le mantelline. Teodolinda Pumèrici rimaneva estatica. Soltanto le Fusilli conservavano la loro vivacità e cinguettavano, tutte rosee, facendo guizzare nei movimenti le trecce serpentine.

Nel terzo atto, non i morenti sospiri di Tilde che le donne proteggevano, non le rampogne di Sertorio a Carnioli, non le canzonette dei popolani, non il monologo del malinconico Egidio, non le allegrezze delle dame e dei cavalieri ebbero virtù di distrarre il pubblico dalla voluttà antecedente. — Leonora! Leonora! —

E Leonora ricomparve a braccio del conte di