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la contessa d’amalfi. 165

dio, Rosa. Non ci vediamo più.... — Ma.... in somma.... chi lo sa!... Tutto può essere.”

Don Giovanni si accasciò sopra una sedia, a queste parole; e si mise a singhiozzare con tanto impeto di dolore che la femmina ne fu quasi intenerita.

‟Don Giovà, mo che fate? Non ci stanno altre femmine a questo mondo? Don Giovà, mo vi pare?...”

Don Giovanni non intendeva. Seguitava a singhiozzare come un bambino, nascondendo la faccia nel grembiule di Rosa Catana; e tutto il suo corpo era scosso dai sussulti del pianto.

‟No, no, no.... Voglio Violetta! Voglio Violetta!”

A quello stupido pargoleggiare, Rosa non potè tenersi di sorridere. E si diede a lisciare il cranio calvo di Don Giovanni, mormorando parole di consolazione:

‟Ve la ritrovo io Violetta; ve la ritrovo io.... Zitto! Zitto! Non piangete più, Don Giovannino. La gente che passa può sentire. Mo vi pare, mo?”

Don Giovanni a poco a poco, sotto la carezza amorevole, frenava le lacrime: si asciugava li occhi al grembiule.

‟Oh! Oh! che cosa!” esclamò dopo essere