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164 la contessa d’amalfi.

bacino l’acqua traluceva, tinta lievemente di roseo da una essenza. L’acqua esalava un profumo sottile che si mesceva nell’aria col profumo della cipria. L’esalazione aveva in sè qualche cosa di carnale.

‟Rosa! Rosa!” chiamò Don Giovanni, con la voce soffocata, sentendosi invadere da un rammarico immenso.

La femmina comparve.

‟Racconta com’è stato! Per dove è partita? E quando è partita? E perchè? E perchè?” chiedeva Don Giovanni, facendo con la bocca una smorfia puerile e grottesca, come per rattenere il pianto per respingere il singhiozzo. Egli aveva presi ambedue i polsi di Rosa; e così la sollecitava a parlare, a rivelare.

‟Io non saccio, signore.... Stamattina ha messa la roba nelle valige; ha mandato a chiamare la carrozza di Leone; e se n’è andata senza dire niente. Che ci volete fare? Tornerà.”

‟Torneràaa?” piagnucolò Don Giovanni, sollevando li occhi dove già le lacrime incominciavano a sgorgare. ‟Te l’ha detto? Parla!”

E quest’ultimo verbo fu uno strillo quasi minaccioso e rabbioso.

‟Eh.... veramente.... a me m’ha detto: — Ad-