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150 | la morte di sancio panza. |
d’amore moveva l’aria e la testa di Natalia, per ritmo. La luce nella stanza era dolce; il profumo squisito dei pelargonii entrava dai vasi del balcone aperto.
Sancio non udiva forse più. Al bruciore caustico del vescicante su la nuca, egli scoteva di tratto in tratto il dorso, e piegava la testa in basso, con un lamentio fievole. La lingua, ritirata fra i denti, violacea, quasi anzi nerastra, aveva già perduta ogni facoltà di moto. Li occhi, ora, coperti da una specie di membrana turchiniccia e umidiccia, non conservavano altra espressione di spasimo che quella dell’apparir rapido d’un lembo bianco alli angoli delle orbite. La bava si produceva più copiosa e più densa. L’asfissia pareva imminente.
‟Oh, Natalia, cessa! Ma non vedi che Sancio muore?” proruppe, con la voce piena d’acredine e di lagrime, Isabella.
La gavotta non si poteva interrompere prima che la forza data dalla chiave alla macchina fosse esaurita. Le note continuavano, lente e molli, a spandersi sull’agonia del cane. Le ombre del crepuscolo, intanto, cominciavano a penetrare nell’interno e le tende sbattevano nella frescura.
Allora, Donna Letizia, soffocata dai singhiozzi,