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la morte di sancio panza. 149


‟Ah, ah, ah, ah, ah!...”

Come? Natalia osava ridere, mentre quel povero Sancio moriva? — Le innupte sensibili volsero un acre sguardo d’indignazione alla cognata irreverente e crudele. Ma questa, con una lieta incuranza, si appressò per tendere il bimbo verso l’animale. E il bimbo seminudo agitava le piccole mani irrequiete, cercando toccare, tutto vibrando di naturale gioia e barbugliando suoni incomprensibili nella bocca rorida ancora della bevanda materna. E l’animale, uso già a sottomettere la testa mansueta a quei cercamenti, aveva ancora nelle membra inferme una esitazione di festevolezza e nelli occhi un supremo barlume di bontà conoscente.

‟Povero Sancio Panza!” mormorò alfine Natalia ritraendo il figliuolo che stava per bagnarsi di bava le dita. E, come il bimbo rincrespava le labbra per piangere, ella fece due o tre giri nella stanza, cullandolo e palleggiandolo; poi, fermatasi dinanzi all’automa, volse la chiave del meccanismo.

Il macacco aprì la bocca, battè le palpebre, attorcigliò la coda, tutto animandosi internamente al suono della gavotta Louis XIII, di Victor Felix. Quel voluttuoso ondeggiamento di danza