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la siesta. 121


E mentre così interrogava sè stessa, nel fondo del suo spirito ella non giungeva a raffigurarsi l’uomo. Sempre in lei l’imagine dell’infante persisteva, si sovrapponeva ad ogni altra imagine, vinceva con la nitida chiarezza delle sue forme ogni altra forma fantastica che tentasse di sorgere. Ella non preparava l’animo, si abbandonava debolmente al sentimento indeterminato. Il senso della realtà in quel momento le mancava.

— Io lo vedrò! Io lo vedrò! — ripeteva in sè stessa, inebriandosi.

Le cose in torno tacevano. Il vento faceva incurvare i roseti che, passato il soffio, seguitavano a muoversi pesantemente. Li zampilli scintillavano e guizzavano, tra il verde, come stocchi.

Donna Laura stette un poco in ascolto. Dal silenzio sorgeva non so qual grandezza che le infuse nell’animo quasi uno sgomento. Ella esitò. Poi si mise pe ’l viale, da prima con passi rapidi; giunse al cancello tutto abbracciato dalle piante e dai fiori; sostò, per guardarsi in dietro: aprì. Dinanzi a lei la campagna si stendeva deserta sotto il meriggio. Le case di Penti in lontananza biancheggiavano su l’azzurro del cielo, con un campanile, con una cupola, con due o tre pini. Il fiume si svolgeva nella pianura, tortuoso e lucentissimo, toccando le case.