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l’idillio della vedova. 109


Forse per una vicenda del vento, ora li odori non erano più li stessi. Veniva, forse dalla collina d’Orlando, il profumo dei limoni, così possente e così dolce e così sottilmente instigatore. Forse dai giardini di Scalia originavano i profumi delle rose, i profumi zuccherini che davano all’aria il sapore d’un’essenza aromale. Montavano forse dal padùle della Farnia le fragranze umide dei gigli fiorentini, che respirate deliziavano come un sorso d’acqua.

I due rimanevano ancora taciturni, sul cassone, immobili, oppressi dalla voluttà della notte lunare. Dinanzi a loro la fiammella della lampada oscillava rapidamente, e curvavasi fino a lambire l’esilissimo cerchio d’olio, sul quale ancora galleggiava alimentandosi. Come la fiammella ebbe un primo stridore, i due si volsero; e stettero così, ansiosi, con li occhi dilatati e fissi, a guardare la fiammella che finiva di beversi le ultime stille. D’improvviso la fiammella si spense. Allora, tutt’a un tratto, con un’avidità concorde, nel tempo medesimo, essi si strinsero l’uno all’altra, si allacciarono, si cercarono con la bocca, perdutamente, ciecamente, senza parlare, soffocandosi di carezze.