Il molle Settembre, il Tibìcine
dei pomarii, che ha violetti
gli occhi come il fiore del glìcine
68tra i riccioli suoi giovinetti,
fa tanta chiarìa con due ossi
di gru modulando un partènio
mentre sotto l’ombra dei rossi
72corbézzoli indulge al suo genio.
Respira securo il mar dolce
qual pargolo in grembo materno.
La pace alcionia lo molce
76quasi aureo latte, anzi il verno.
Onda non si leva; non s’ode
risucchio, non s’ode sciacquìo.
Di luce beata si gode
80la riva su mare d’oblìo.
La sabbia scintilla infinita,
quasi in ogni granello gioisca.
Lùccica la valva polita,
84la morta medusa, la lisca.