Pagina:D'Annunzio - L'armata d'Italia.djvu/51


L’ARMATA D’ITALIA 35

verrebbe meno al novello edificio la più forte e la più luminosa colonna.

Ma l’onorevole Brin mostra di non preoccuparsi troppo di certe cose. Egli non è il Ministro della Marina, sì bene il Ministro delle Navi; non è il supremo arbitro dell’armata, sì bene il sovrano e principal mastro degli arsenali. Egli ha dell’esercito marittimo un’idea confusa ed oscura: non concepisce la flotta che come una bella torma di bastimenti più o meno vasti, più o meno muniti, ormeggiata nelle acque pacifiche d’un golfo o navigante per l’alto mare in prova di velocità. Gli equipaggi, nel pensiero dell’onorevole Brin, hanno una importanza molto secondaria. Si può quasi dire che, a pena varata una nave, il Ministro creda il suo còmpito finito. Tanto si cura egli delli uomini che la governeranno, quanto un architetto si cura della gente che abiterà il palazzo edificato o dei divoti che pregheranno nel tempio già pronto.