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284 | Cuore infermo |
ogni giorno la rivelazione cangiava, si completava, assumeva forme diverse, li immergeva in uno stato di stupore soddisfatto. Si guardavano negli occhi per leggersi nel pensiero ‒ e le novelle che vi leggevano, erano meravigliose e stupende, senza fine, piene di sorriso e di luce.
Poi nel mondo che li circondava, tutto era pronto per il loro amore, nulla si opponeva, tutto cedeva, tutto si metteva all’unisono, tutto anzi congiurava ad aiutare, a perfezionare la loro unione. Certo ha le sue aspre voluttà l’amore in contrasto con la miseria, con le infermità, con l’ambizione delusa, con le durezze della vita; ma quale profonda e completa voluttà l’amore senza contrasto alcuno! Avere il proprio nido nei contorni lucidi del raso imbottito come l’interno di una scatola di confetti, nella lana morbida dei tappeti dove il piede si affonda ed il rumore del passo si affoga, nelle forme arrotondate e seduttrici delle poltroncine che vi tendono le braccia con un invito quieto e taciturno; fare del talamo un altare dove il luccicore dell’oro si appanna, dove la finezza del legno odoroso è vinta dalla nobiltà del lavoro, un altare bianco, nella mollezza delle piume, nelle tele trasparenti, nei merletti fioccosi, nelle nuvole della mussola; vivere in quel nido, nella mitezza dei colori, nella calma addormentatrice del lusso, nella sicurezza cosciente della ricchezza, nella quiete delle porte intarsiate, che lasciano fuori il freddo, la negra cura, il chiasso della gente, nell’ombra delle cortine che escludono la via; trovare la donna che s'ama nei profumi che macerano sottilmente la pelle e le danno un fascino irresistibile e vertiginoso, nelle batiste ricamate come una spuma, nei merletti lievi come un soffio, nella lana