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210 aprile

bio sul quaderno d’un mio scolaro, fu un colpo al cuore per me, caro signore. Tirai bene ancora avanti per un po’ di tempo; ma poi non potei più. Dopo sessant’anni d’insegnamento dovetti dare un addio alla scuola, agli scolari, al lavoro. E fu dura, sa, fu dura. L’ultima volta che feci lezione mi accompagnarono tutti a casa, mi fecero festa; ma io ero triste, capivo che la mia vita era finita. Già l’anno prima avevo perso mia moglie e il mio figliuolo unico. Non restai che con due nipoti contadini. Ora vivo di qualche centinaio di lire di pensione. Non faccio più nulla; le giornate mi par che non finiscano mai. La mia sola occupazione, vede, è di sfogliare i miei vecchi libri di scuola, delle raccolte di giornali scolastici, qualche libro che mi hanno regalato. Ecco lì, — disse accennando la piccola libreria; — lì ci sono i miei ricordi, tutto il mio passato... Non mi resta altro al mondo.

Poi in tono improvvisamente allegro: — Io le voglio fare una sorpresa, caro signor Bottini.

S’alzò, e avvicinatosi al tavolino, aperse un cassetto lungo che conteneva molti piccoli pacchi tutti legati con un cordoncino, e su ciascuno c’era scritta una data di quattro cifre. Dopo aver cercato un poco. ne aperse uno, sfogliò molte carte, tirò fuori un foglio ingiallito e lo porse a mio padre. Era un suo lavoro di scuola di quarant’anni fa! C’era scritto in testa: Alberto Bottini, Dettato. 3 Aprile 1838. — Mio padre riconobbe subito la sua grossa scrittura di ragazzo, e si mise a leggere, sorridendo. Ma a un tratto gli si inumidirono gli occhi. Io m’alzai, domandandogli che cos’aveva.

Egli mi passò un braccio intorno alla vita e stringendomi al suo fianco mi disse: — Guarda