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xii - continuazione 71


Io lo ripeto: non sono uomo di guerra, né imprendo ad esaminar ad una ad una le operazioni e gli accidenti della campagna. Ma io credo che gli accidenti debbano mettersi a calcolo e che la somma finale dell’esito dipenda meno dagli accidenti che dal piano generale. Mack peccò naturalmente nell’estender troppo la linea delle sue operazioni, talché il minimo urto dell’inimico gliela ruppe. Ebbe piú cura dell’inimico che gli stava a fronte che di quello che gli stava sui fianchi, mentre forse questo era sempre piú terribile di quello; quindi è che egli si avanzò sempre rapidissimamente, e questa stessa rapiditá, che alcuni chiaman vittoria, fu la cagione principale delle sue inopinate irreparabili disfatte. Battuto in un punto, Mack fu battuto in tutta la linea, perché tutta la linea gli fu rotta. Quando Mack preparava un piano tanto vasto per combattere un inimico debolissimo, molti dissero che Mack era un gran generale, perché molti sono quelli che misurano la grandezza di una mente dalla grandezza delle forze che move: io dissi che era poco savio, perché la saviezza consiste nel produrre il massimo effetto col minimo delle forze. Mack è un generale da brillare in un gabinetto, perché in un gabinetto appunto, e prima dell’azione, predomina nelle menti del maggior numero l’errore di confonder la grandezza della macchina colla grandezza dell’artefice. Non manca Mack di quelle cognizioni teoretiche della scienza militare che impongono tanto facilmente al maggior numero. È sicuro di ottenere in suo favore la pluralitá de’ voti un generale il quale vi parli sempre di matematica, geografia, storia, che vi rammenta i nomi antichi di tutt’i sciti, vi enumera tutte le grandi battaglie che gli hanno illustrati ed, a confermar ogni evoluzione che gli vien fatta d’immaginare, vi adduce l’esempio di Eugenio, di Montecuccoli, di Cesare, di Annibale e di Scipione. Il buon senso per altro pare che ci dovrebbe indurre a diffidare dei piani di campagna troppa eruditi: essi per necessitá son troppo noti anche all’inimico, ed in conseguenza inutili. Tutto il vero segreto della guerra, dice Macchiavelli, consiste in due cose: fare tutto ciò che l’inimico non può sospettar che tu faccia, lasciargli fare tutto ciò che tu hai