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viii - amministrazione 45

Napoli, perché piú risorse avea dalla natura e piú estesa era la sfera della sua attivitá.

Ma il governo di Napoli avea perduto gran parte delle sue forze, sopprimendo lo sviluppo delle facoltá individuali coll’avvilimento dello spirito pubblico: tutto rimaneva a fare al governo, ed il governo non sapea far nulla, né potea far tutto.

Le nazioni ancora barbare amano di essere sgravate dai tributi, perché non hanno desidèri superflui; le nazioni colte si contentano di pagar molto, purché quest’aumento di tributo accresca la forza e migliori la sussistenza nazionale. Il segreta di una buona amministrazione è di far crescere la riproduzione in proporzione dell’esazione: non è tanto la somma de’ tributi, quanto l’uso de’ medesimi per rapporto alla nazione, quello che determina lo stato delle sue finanze1.

Un governo savio ed attivo avrebbe corretti gli antichi abusi di amministrazione, avrebbe sviluppata l’energia nazionale, ci avrebbe esentati dai vettigali che pagavamo agli esteri per le loro manifatture, avrebbe protette le nostre arti, migliorate le nostre produzioni, esteso il nostro commercio: il governo sarebbe divenuto piú ricco e piú potente, e la nazione piú felice. Questa era appunto quello che la nazione bramava2. L’epoca in cui giunse Acton era l’epoca degli utili progetti: qual «progettista» egli si spacciò e qual «progettista» fu accolto; ma i suoi

  1. Questa veritá non seppe conoscer Necker, allorché fece il paragone tra le finanze di Francia e quelle d’Inghilterra. Gl’inglesi pagavano piú de’ francesi, ma la loro nazione accresceva le sue ricchezze, e la Francia, per le sue circostanze politiche, non potea crescer dippiú. I tributi erano utili in Inghilterra, dannosi in Francia. La Francia avea compito il suo corso politico, era nella sua decrepitezza; donde, se non sorge un nuovo ordine di cose, non resta che un passo alla morte. Necker infatti non seppe trovar rimedio al male. L’esperienza mostrò la fallacia delle sue teorie. «Se l’Inghilterra regge, molto piú facilmente — diceva egli — potrá regger la Francia». Intanto la Francia falli e l’Inghilterra regge ancora.
  2. Chi potrebbe determinare il grado di felicitá e di potenza, a cui da un governo savio potrebbe esser condotta la nazione napolitana? Io penso che, senza esser visionario, si possa creder possibile anche piú di quello che si auguravano Broggia, Genovesi e Palmieri. Ma questa nazione ha la disgrazia di essere stata vilipesa, perché non conosciuta: i spagnuoli la conoscevano e la temevano; solo Federico secondo imperatore la conosceva e l’amava. Ma i bei giorni di Federico non furono per noi che un lampo, cui successe una notte piú tempestosa.